occuparsi di una persona care che non sta bene per una grave disabilità, per una malattia è un carico enorme, che spesso conduce a tagliare i ponti con le proprie vite precedenti.
Si deve dire arrivederci a lavoro, amici, svago e cura del proprio corpo e della propria anima. Perchè se è vero che da una parte fa tanto bene dedicarsi con amore ad un'altra persona, dall'altra, spesso, ci si sente soli e si dice:" e a me, chi ci pensa?" e spesso la risposta è nessuno, nemmeno noi stessi. Perchè il tempo che abbiamo a disposizione per il nostro benessere psicofisico è pari a zero. Notti comprese. Perchè le persone di cui ci prendiamo cura, non è che, magicamente, di notte, stanno meglio. E la cosa peggiore che possiamo fare è quella di non staccare la spina nemmeno un attimo per riprendere fiato. E si entra in un loop di estraneità al mondo che ci fa comportare da automi, che hanno una serie di compiti da eseguire dalla mattina alla sera senza mai un'interruzione. Tagliamo i ponti con amici e parenti, che, diciamoci la verità, spesso spariscono volontariamente in meno di un battito di ciglia dalle nostre vite e, il brutto, che, senza rendercene conto, corriamo il rischio di tagliare i ponti anche e soprattutto con la persona che amiamo di più e per cui abbiamo deciso di annullarci totalmente. Ad un certo punto non siamo più mamme, figlie, mogli, nipoti, ma diventiamo esclusivamente automi. E, nel tempo, se non ci risvegliamo da questo limbo robotico doloroso, finiremo per odiare proprio le persone che amiamo di più, quelle di cui ci stiamo prendendo cura.
Quando arriviamo a questo punto dobbiamo correre ai ripari (prima sarebbe meglio) e non ci dobbiamo assolutamente vergognare di chiedere aiuto.
Esistono tanti servizi territoriali di cui parleremo in altri post, cui possiamo rivolgerci per noi e per i nostri cari e sono i vari servizi disabili, il CAD, Il comune, gli assistenti sociali. Insomma isolarci non serve a un granchè e peggiora di molto la situazione e il carico che abbiamo sulle nostre spalle.
Una cosa buone è che per noi, esistono corsi (fruibili anche quasi totalmente online) e un disegno di legge del Senato per riconoscere la nostra figura.
Dal disegno di legge 2266 del Senato
Legge quadro nazionale per il riconoscimento e la valorizzazione delcaregiver familiare
L'Italia ad oggi è uno dei pochi paesi in Europa dove non è stata riconosciuta professionalmente e tutelata da un punto di vista previdenziale, sanitario e assicurativo la figura del caregiver familiare.
Con il termine caregiver familiare si designa colui che volontariamente e gratuitamente si prende cura di una persona cara consenziente in condizioni di non autosufficienza, a causa dell'età, di una malattia, di una disabilità. Le prestazioni sono rese a titolo gratuito, in funzione di legami affettivi.
Prendersi cura di un proprio familiare è una scelta d'amore che deve essere valorizzata e sostenuta dallo Stato. Il caregiver familiare deve farsi carico dell'organizzazione delle cure e dell'assistenza; può trovarsi, dunque, in una condizione di sofferenza e di disagio riconducibili ad affaticamento fisico e psicologico, solitudine, consapevolezza di non potersi ammalare, per le conseguenze che la sua assenza potrebbe provocare, il sommarsi dei compiti assistenziali a quelli familiari e lavorativi, possibili problemi economici, frustrazione.
Queste persone vivono in una condizione di abnegazione quasi totale, che compromette i loro diritti umani fondamentali: quelli alla salute, al riposo, alla vita sociale e alla realizzazione personale.
L'impegno costante del caregiver familiare prolungato nel tempo può mettere a dura prova l'equilibrio psicofisico del prestatore di cure ma anche dell'intero nucleo familiare in cui è inserito.
Secondo quanto emerso dalle ricerche condotte su questo delicato tema, i caregiver familiari, logorati da un carico assistenziale senza pari, sono stati costretti nel 10 per cento dei casi a chiedere il part-time o il telelavoro e nel 66 per cento a lasciare del tutto il lavoro.
Il Premio Nobel 2009 per la medicina, Elizabeth Blackburn, ha dimostrato che i caregiver familiari hanno una aspettativa di vita fino a 17 anni inferiore alla media della popolazione.
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